
17 Ago Finanziato un progetto sulla BPAN: Lena Burbulla studierà il legame tra ferro e neurodegenerazione.
Il secondo bando internazionale gestito da Aisnaf si è concluso a fine luglio con il finanziamento di un nuovo progetto di ricerca su BPAN. Grazie agli sforzi congiunti di AISNAF, Hoffnungsbaum (HoBa, Germany) e NBIADA (USA), e dopo una doppia valutazione, scientifica e laica, il progetto presentato dalla ricercatrice Lena Burbulla ha raggiunto un consenso unanime, ottenendo 65.000 euro di finanziamento per una durata di 18 mesi.
L’obiettivo di Burbulla, professore alla Northwestern University di Chicago (Illinois, USA), è quello di definire i meccanismi che portano allo sviluppo e alla progressione di BPAN, focalizzandosi in modo particolare sul ruolo giocato dal ferro nella patologia. Tutto si basa su solidi dati preliminari che dimostrano come la perdita di funzione della proteina WDR45, mutata nei pazienti BPAN, causi l’incapacità delle cellule di degradare le macromolecole e gli organelli carichi di ferro, riducendone il riciclo.
Il ferro è un elemento essenziale per la vita delle cellule, ma i suoi livelli devono essere finemente regolati poiché il ferro “libero” è molto reattivo e può diventare potenzialmente distruttivo. «Quando entra nelle cellule, il ferro viene incorporato nei mitocondri, le centrali energetiche cellulari, o viene immagazzinato da speciali proteine chiamate ferritine. Perciò mitocondri e ferritine rappresentano le macromolecole cellulari ricche di ferro: esse possono essere degradate mediante autofagia e liberare ferro che diviene così biodisponibile» spiega Burbulla. L’ipotesi innovativa della scienziata si basa sull’idea che la patogenesi di BPAN derivi non tanto da un accumulo di ferro, bensì da un deficit del ferro biodisponibile che le cellule necessitano per il loro corretto funzionamento. Per testare la sua ipotesi, Burbulla ha pianificato una serie di esperimenti da effettuare su neuroni derivati dalle cosiddette cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) generate a loro volta a partire da piccoli prelievi di pelle di pazienti BPAN. Il vantaggio di questa tecnica è di poter verificare le cause della malattia direttamente nelle cellule malate, ma in modo non invasivo.
Una volta identificati i meccanismi che provocano da una parte l’accumulo di ferro inutilizzabile e dall’altra il deficit di ferro biodisponibile, i ricercatori guidati da Burbulla intendono testare nuovi approcci terapeutici, avvalendosi di tecnologie innovative come gli organoidi cerebrali tridimensionali che mimano in laboratorio ciò che avviene nelle aree del cervello maggiormente colpite nei pazienti affetti da BPAN.
Questo studio porrà le basi per identificare potenziali target terapeutici per lo sviluppo futuro di una cura per BPAN, ma sarà altrettanto importante per migliorare la comprensione del legame tra ferro e neurodegenerazione, traslabile anche ad altre forme di NBIA.