
17 Mag Simposio Internazionale sulle Neurodegenerazioni da Accumulo di Ferro
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Highlights dell’ottavo Simposio Internazionale sulle Neurodegenerazioni da Accumulo di Ferro
Novità e impressioni raccolte da Francesca Sofia e Roberta Scalise
Si è tenuto lo scorso ottobre, nella splendida cornice di Losanna (Svizzera), l’ottavo Simposio Internazionale sulle Neurodegenerazioni da Accumulo di Ferro (NBIA), organizzato dall’associazione NBIA Svizzera.
160 partecipanti provenienti da 26 Paesi si sono riuniti dal 13 al 15 ottobre per discutere i progressi nella ricerca sulle NBIA, analizzare i potenziali approcci terapeutici e identificare le necessità urgenti di pazienti, famiglie e ricercatori.
Il Comitato Scientifico del simposio, presieduto dal dott. Thomas Klopstock (Ludwig-Maximilians University, Monaco di Baviera), comprendeva clinici e ricercatori di fama internazionale, quali la dott.ssa Susan Hayflick (Oregon Health & Science University, Portland), la dott.ssa Valeria Tiranti (Fondazione Istituto Neurologico C. Besta, Milano) e la dott.ssa Agnès Rötig (Institut Imagine, Parigi), insieme a partner laici rappresentanti dei pazienti: Fatemeh Mollet, Presidente di NBIA Svizzera, Markus Nielbock, Presidente dell’associazione tedesca Hoffnungsbaum e.V. e Patricia Wood, Presidente della NBIA Disorders Association americana.
Come sempre, le organizzazioni dei pazienti hanno aderito in maniera significativa: i rappresentanti dei 10 membri della NBIA Alliance e di 7 organizzazioni dedicate ad una specifica patologia NBIA hanno infatti presenziato attivamente a tutto il convegno. Ogni giornata, inoltre, si è aperta con un discorso di benvenuto da parte di un rappresentante dei pazienti, che ha condiviso la prospettiva dei pazienti e incoraggiato l’eccellente lavoro della comunità scientifica.
Per Aisnaf hanno partecipato Francesca Sofia e Roberta Scalise, che hanno avuto la possibilità di ascoltare le principali novità emerse durante il convegno e di discutere personalmente con clinici, ricercatori e rappresentanti delle associazioni pazienti.
Il programma giornaliero del simposio comprendeva interventi di ricercatori con lunga esperienza nel campo delle NBIA, che hanno fornito importanti aggiornamenti sulle ricerche in corso, e di giovani ricercatori che hanno contribuito allo scambio di idee grazie al loro punto di vista spesso nuovo e originale.
Le sessioni scientifiche si sono concentrate sulle forme più comuni di NBIA, ma le discussioni scaturite dagli interventi si sono rivelate di interesse generale per tutti i disturbi NBIA.
La sessione dedicata a PKAN e CoPAN è stata incentrata principalmente sull’analisi dei modelli animali disponibili per le patologie e sui risultati preclinici ottenuti finora.
In merito a PKAN, ci si è concentrati sui meccanismi patogenetici, in particolare sulla ferroptosi osservata in astrociti PKAN derivati da cellule iPSC. I risultati preliminari hanno dimostrato che il trattamento con Coenzima A (CoA), coinvolto in numerose reazioni metaboliche che supportano la crescita, lo sviluppo e la funzione cellulare, aumenta la sopravvivenza dei neuroni e degli astrociti PKAN, limitando l’accumulo di ferro.
Dal punto di vista genetico sono state descritte nuove varianti sui geni RAB39B, APM1 e TUBB4A e VAC14, che potrebbero essere correlate a forme di NBIA, anche se non associate ad un evidente accumulo di ferro. Nell’ottica di future strategie terapeutiche, è stata inoltre sottolineata l’importanza dei meccanismi di endocitosi in varie forme di NBIA.
La dott.ssa Penelope Hogarth (Oregon Health & Science University, Portland) ha presentato un aggiornamento sullo studio clinico di fase 2 CoA-Z (un composto a base di 4-fosfopanteteina) per il trattamento di PKAN: sono stati reclutati 64 pazienti PKAN e i risultati preliminari del trial sono attesi nel corso di quest’anno.
La dott.ssa Susan Jackowski ha presentato i risultati dello studio in modello murino mirato a valutare l’efficacia di BBP-671, un composto per aumentare la sintesi di CoA. I dati hanno dimostrato un beneficio sui disturbi del movimento, la crescita e la sopravvivenza degli animali, e hanno anche permesso di identificare PANK3 (uno dei geni che codificano le proteine coinvolte nella sintesi di CoA) come un possibile target terapeutico. Gli sviluppi futuri di questa ricerca sono quindi mirati a individuare molecole che possano attivare PANK3 superando la barriera ematoencefalica. La sicurezza di BBP-671 è stata testata in volontari sani in un trial di fase 1, i cui risultati sono stati presentati dalla dott.ssa Susan Schneider. Non sono stati rilevati eventi avversi seri, e per questo CoA Therapeutics sta pianificando per il 2024 lo studio di fase 2/3 nei pazienti PKAN.
In merito a COASY, si è parlato più in generale delle patologie associate (COASY-associated disease), e quindi non solo di CoPAN. Ad esempio, l’ipoplasia pontocerebellare di tipo 12 (PCH12) è caratterizzata da una completa perdita di funzione di COASY, esordio prenatale che porta spesso a morte perinatale, ipoplasia del cervelletto e del ponte, microcefalia e epilessia, ma non mostra accumulo di ferro.
La ricerca su CoPAN è ad oggi impegnata nello sviluppo di modelli murini per investigare i meccanismi fisiopatogenetici, testare in modelli preclinici possibili interventi terapeutici e identificare biomarcatori per studiare la storia naturale della malattia.
La ricerca su MPAN appare ancora concentrata a identificare la funzione primaria della proteina C19orf12, tuttora in parte sconosciuta ma probabilmente associata all’accumulo di ferro. Anche l’autofagia sembra giocare un ruolo importante nei meccanismi patologici di MPAN, e quindi potrebbe essere un target terapeutico da investigare ulteriormente. Ad oggi, sono stati identificati 5 composti che potrebbero ripristinare l’autofagia nei fibroblasti MPAN, e sono in corso studi su modelli animali, come lo Zebrafish, per valutarne l’efficacia.
Per BPAN, è emersa l’importanza di investigare il ruolo della proteina WiPi4 nei meccanismi legati all’autofagia e all’omeostasi del ferro e il loro effetto sui neuroni dopaminergici, come presentato dalla dott.ssa Lena Burbulla (Ludwig-Maximilians University, Monaco di Baviera). I neuroni dopaminergici sembrano risultare maggiormente esposti all’eccesso di ferro, combinato all’elevata ossidazione della dopamina. L’utilizzo di composti chelanti del ferro e molecole antiossidanti potrebbe rappresentare una strategia terapeutica.
La dott.ssa Arcangela Iuso (Helmholtz Zentrum, Monaco di Baviera) ha presentato inoltre i risultati ottenuti dalla caratterizzazione di un nuovo modello animale di topo BPAN, che ha permesso di identificare alcuni parametri clinici e biochimici da approfondire ulteriormente.
Nel suo intervento, il dott. Ahad Rahim (University College London, Londra) ha illustrato i promettenti risultati ottenuti nello sviluppo di una terapia genica per PLAN/INAD. Il suo gruppo di ricerca è infatti riuscito a inserire il gene PLA2G6 in un vettore virale adeno-associato, che è stato somministrato a topi geneticamente modificati per esprimere la patologia PLAN. La terapia ha permesso di ridurre la neurodegenerazione e migliorare la funzione locomotoria e la sopravvivenza degli animali.
In merito a FAHN, è emersa l’importanza di definire biomarker neuroradiologici, clinici e biochimici, e di investigare i meccanismi d’azione che portano all’accumulo di ferro, nell’ottica di sviluppare un approccio terapeutico mediante terapia genica.
Ogni giornata si è chiusa con una vivace tavola rotonda aperta a tutti i partecipanti, per discutere sulle necessità urgenti e sui futuri passi da compiere. Questi eventi sono stati particolarmente apprezzati dalla platea, attirando ogni volta tra i 50 e i 75 partecipanti che hanno contribuito al dibattito con domande e proposte.
Il programma completo del convegno, insieme agli abstract delle presentazioni orali e poster, è disponibile a questo link https://nbiasuisse.org/wp-content/uploads/2022/10/8th-NBIA-Symp.-Program-booklet.pdf
Dalla discussione sono emersi gli aspetti chiave, trasversali a tutte le patologie NBIA, che devono secondo i presenti essere al centro della roadmap strategica per il futuro:
- decifrare i meccanismi biologici alla base delle patologie NBIA, in modo da aprire la strada a nuovi potenziali approcci terapeutici;
- esplorare il potenziale della terapia genica, farmacologica e cellulare nel trattamento delle varie forme di NBIA;
- generare modelli animali e cellulari appropriati da utilizzare nei test preclinici;
- effettuare studi di storia naturale e sviluppare scale di valutazione adeguate per ogni sottotipo di NBIA, che possano poi essere utilizzate come outcome measures negli studi clinici;
- disegnare e programmare studi clinici per valutare le nuove opzioni terapeutiche in fase di ricerca.
Tutti i partecipanti hanno riconosciuto come la carenza di fondi destinati alla ricerca sia uno degli ostacoli principali per l’avanzamento della conoscenza e delle possibilità terapeutiche nel campo delle NBIA.
Incoraggiante è stata invece la partecipazione di un nutrito gruppo di giovani ricercatori, che possono dare impulso ad un campo di ricerca purtroppo ancora poco esplorato.
Il Simposio è stato occasione per la nascita di nuove sinergie tra i ricercatori, che hanno condiviso il loro desiderio di lavorare insieme sulle nuove frontiere di ricerca emerse dalla discussione.