Il trattamento delle varie forme di NBIA deve prevedere presa in carico ed approccio multidisciplinare data la complessità e il carattere progressivo di queste malattie.
La terapia è sintomatica, ovvero mirata alla riduzione dei sintomi, anche se stanno sempre più emergendo strategie terapeutiche mirate ai meccanismi patogenetici.
La distonia rappresenta il disturbo del movimento più frequente e disabilitante delle NBIA. La terapia medica prevede principalmente l’utilizzo di triesifenidile, tetrabenazina, baclofen e benzodiazepine. Spesso è necessario, per ottenere un soddisfacente controllo della distonia, un trattamento combinato con più farmaci.
Farmaci antiparkinsoniani quali L/Dopa/Carbidopa ed altri dopamino-agonisti possono essere impiegati per ridurre la bradicinesia, la rigidità o il disturbo delle reazioni posturali, anche se generalmente hanno un’efficacia limitata.
Il baclofen, le benzodiazepine e la tossina botulinica sono anche impiegati per il trattamento della spasticità.
La spasticità e la distonia associate alle NBIA possono essere trattate con la tossina botulinica (TB), sia come trattamento unico nel caso di localizzazioni limitate, sia in associazione agli altri trattamenti nel caso in cui i fenomeni siano diffusi. Il trattamento con TB riduce, inoltre, il dolore associato nella maggior parte dei casi alle contratture muscolari, migliorando significativamente la capacità di assistenza ai pazienti e modificando positivamente la qualità della vita.
La Tossina Botulinica (TB) è un agente biologico prodotto da un batterio, il clostridium botulinum. A dosaggi infinitesimali rispetto alle dosi tossiche, la TB è utilizzata a scopi terapeutici sin dalla fine degli anni ‘70. Infatti, agisce da miorilassante interrompendo la trasmissione tra il nervo ed il muscolo da esso innervato e quindi bloccando la contrazione muscolare.
La somministrazione intramuscolare di TB determina paralisi motoria del muscolo trattato. In media, dopo circa tre mesi l’azione della TB si esaurisce con recupero della attività neuro-muscolare.
Clinicamente l’effetto della inoculazione locale con TB si traduce in una paralisi flaccida nel muscolo ed è efficace, sicura e completamente reversibile.
La TB manifesta localmente il suo effetto entro alcuni giorni dall’iniezione. La durata dell’efficacia, influenzata da vari fattori (risposta soggettiva, tecnica di inoculazione, dosaggio, reazioni anticorpali, terapia fisica, ortesizzazione), si protrae generalmente per un periodo di circa dodici settimane (da due a sei mesi), per poi scemare progressivamente.
Il 2-3 % dei pazienti (soggetti “non-rispondenti” primari), sin dal primo trattamento, non risponde adeguatamente alla terapia con TB. Questa resistenza potrebbe essere dovuta alla presenza di anticorpi anti-tossina, per una pregressa e misconosciuta sensibilizzazione (come ad esempio un precedente episodio di botulismo passato clinicamente inosservato) oppure per incapacità strutturale della tossina a legarsi a livello presinaptico.
Il 5-10% dei pazienti (soggetti “non-rispondenti” secondari) sviluppa anticorpi dopo alcuni cicli di trattamento e non mostra alcun effetto terapeutico dopo successive infiltrazioni.
Si raccomanda, infine, l’esecuzione di un ciclo di fisioterapia intensiva e mirata dei muscoli trattati nel periodo post tossina (FKT, stretching, bendaggi funzionali, ortesi, stimolazione elettrica) al fine di rendere più efficace e prolungare i benefici derivanti dal trattamento con TB.
Il Baclofen, farmaco agonista dell’acido gamma ammino-butirrico (GABA), è impiegato principalmente nel trattamento della spasticità. Con la somministrazione orale del farmaco si verifica una limitata capacità di penetrazione attraverso la barriera emato-encefalica, motivo per cui lo stesso deve essere assunto in dosi elevate e ravvicinate essendo la sua emivita di sole 3–4 ore.
L’utilizzo orale del Baclofen è limitato altresì dagli effetti collaterali sistemici, in particolare astenia, sedazione, sonnolenza, affaticamento, disfunzioni epatiche, debolezza, ipotonia, stato confusionario e aumento delle secrezioni orali.
La terapia ITB (intrathecal baclofen therapy), terapia di infusione intratecale di Baclofen, prevede l’impianto di una pompa impiantabile e programmabile, un catetere intratecale ed un programmatore esterno. La terapia intratecale è da considerarsi un’evoluzione della terapia orale, considerato che la dose minima efficace viene raggiunta con meno di 1/100 della dose orale unitamente ad una netta diminuzione degli effetti collaterali.
Il sistema di infusione eroga il Baclofen nello spazio subaracnoideo attraverso un catetere fissato alla pompa e convogliato sottocute fino alla regione lombare, inserito nella sacca tecale e guidato lungo il canale vertebrale (livello toracico per spasticità localizzate agli arti inferiori; livello cervicale se la spasticità coinvolge anche gli arti superiori).
Le dosi di infusione intratecale continua di Baclofen vengono progressivamente aumentate dopo l’intervento fino ad una percettibile e soddisfacente diminuzione del tono muscolare e possono essere modificate per ottimizzare i risultati nei pazienti in cui la richiesta di Baclofen varia durante la giornata. I pazienti con spasticità fluttuante, infatti, spesso traggono benefici da una programmazione flessibile ed esecuzione di boli aggiuntivi nel corso della giornata.
La somministrazione di Baclofen per via intratecale è indicata nei casi in cui non si riscontrano risposte soddisfacenti al farmaco somministrato per via orale.
La chirurgia può essere indicata nel trattamento delle distonie per le quali la terapia medica sia solo parzialmente efficace o abbia smesso del tutto di esserlo. La stimolazione cerebrale viene efficacemente impiegata nel trattamento delle distonie isolate geneticamente determinate, ma numerosi dati della letteratura indicano una significativa efficacia anche nelle NBIA, in particolare nella PKAN.
L’intervento consiste nel posizionamento di due elettrodi di stimolazione nel nucleo pallido interno bilaterale attraverso tecnica di chirurgia stereotassica; gli elettrodi sono poi connessi ad un generatore di impulsi posizionato sottocute in regione addominale o sottoclaveare. L’erogazione della corrente determina una inattivazione modulabile e reversibile delle cellule pallidali con conseguente riduzione della sintomatologia distonica. Nei mesi successivi all’intervento, le modalità di stimolazione (numero di contatti attivi, intensità di corrente, frequenza e durata dell’impulso) vengono modificate in base alla risposta clinica e all’eventuale presenza di effetti collaterali al fine di ottenere il miglior risultato possibile.
L’efficacia del trattamento e la sua durata sono tuttavia variabili da paziente a paziente e casi non responsivi alla stimolazione sono segnalati: i criteri di selezione dei pazienti rispetto alla diagnosi genetica, al tipo di distonia ed alla durata della malattia non sono infatti ancora precisamente stabiliti.
Tecniche di chirurgia di tipo lesionale (pallidotomia e talamotomia) sono meno impiegate rispetto al passato grazie all’avvento della neuromodulazione. Sono talora prese in considerazione in singoli casi ove non sia proponibile la stimolazione cerebrale o in casi con grave sintomatologia distonica dolorosa.
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