
31 Mag USA, aprile 2017 – Convegno sulle NBIA
Si è svolto ad aprile scorso un importante convegno scientifico sulle NBIA. Organizzato da prof. Susan Hayflick, Oregon Health & Science University, l’evento è stato l’occasione per fare il punto sui risultati della ricerca raggiunti finora e sulle opportunità che si profilano all’orizzonte e ha riunito scienziati, medici e rappresentanti dei pazienti provenienti dai cinque continenti.
Di seguito i messaggi principali per argomento.
Neurodegenerazione legata a Pank2
Molto si è discusso di Pkan, la forma più frequente e attualmente più studiata di neurodegenerazione da accumulo di ferro (NBIA) che è causata da mutazioni del gene Pank2 importante per la produzione del Coenzima A (CoA).
I ricercatori hanno ribadito che la malattia è dovuta a un deficit di CoA, molecola che partecipa a numerosi e fondamentali processi nel metabolismo di zuccheri, aminoacidi e grassi.
Nei diversi tessuti dell’organismo, il CoA è espresso a livelli diversi ma la sua quantità è massima nel fegato, nel cuore, nel tessuto adiposo e nel cervello.
Attualmente, diversi progetti sono in corso per sviluppare terapie. Le principali molecole allo studio sono:
- Deferiprone – Oggetto dello studio clinico avviato con il progetto europeo Tircon del quale si attendono a breve i risultati definitivi.
- RE-024 – Molecola sviluppata dall’azienda Retrophin che sta per entrare in sperimentazione clinica (link alla news).
- CAB1803 – La molecola sviluppata dall’azienda Acies Bio ha recentemente ricevuto la designazione di farmaco orfano da EMA e FDA. La dr.ssa Ody Sibon, Università di Groningen in Olanda, ha presentato i risultati dei suoi studi con i quali ha dimostrato che CAB1803 è più efficace della pantetina nel compensare il difetto di Pank2 nel modello di Drosophila. Il composto è un derivato stabile della pantetina, che al contrario è poco stabile e rapidamente degradata nell’organismo. Ulteriori esperimenti hanno evidenziato che nella Drosophila CAB1803 sembra funzionare addirittura meglio del coenzima A nel ripristinare le funzioni mancanti a causa della mutazione di Pank2. In generale, in tutti i modelli in cui la molecola è stata testata, si è rilevato ripristino delle funzioni e assenza di tossicità. Ad oggi, l’azienda deve completare la fase di studio di preclinico prima di poter pianificare la sperimentazione sull’uomo.
- Coenzima A – La ricerca di base e preclinica ha dimostrato che il CoA somministrato a modelli animali e cellulari di malattia è in grado di ripristinare le funzioni compromesse dalle mutazioni di Pank2.La dr.ssa Sonia Levi, Università Vita-Salute San Raffaele a Milano, ha presentato una relazione sui risultati del suo progetto – finanziato negli ultimi tre anni da Aisnaf – avente per obiettivo la costruzione di modelli cellulari di NBIA a partire da fibroblasti di pazienti. I neuroni ottenuti in questo modo sono stati studiati per capire a quali alternazioni vanno incontro in presenza di mutazioni di Pank2. Si è visto in questo modo che le cellule presentano anomalie dello stato ossidativo, difetti di eccitabilità di membrana, disfunzioni dei mitocondri. Più specificamente, questi studi hanno evidenziato anomalie della morfologia mitocondriale, deficit nella produzione di energia e danni della biosintesi mitocondriale dipendente dal ferro con conseguente squilibrio dei livelli di ferro cellulare. La reintroduzione del gene Pank2 funzionale nelle cellule determina il recupero. Inoltre, la somministrazione di Coenzima A blocca la morte cellulare e la formazione di radicali liberi, ripristinando le funzioni mitocondriali e neuronali. Il progetto attualmente sta proseguendo con la creazione di cellule iPS per altre forme di NBIA oltre a Pkan. Per esempio, sono state recentemente prodotte cellule iPS da pazienti con neuroferritinopatia. Infine, sono in corso esperimenti specifici sull’equilibrio tra calcio e ferro nelle cellule.Gli effetti benefici del CoA in presenza di mutazioni del gene Pank2 sono stati dimostrati da Dario Finazzi, Università di Brescia, anche in esperimenti su un altro modello animale, lo Zebrafish. Lo Zebrafish è un pesce che può essere utilizzato in laboratorio per studiare gli effetti di mutazioni genetiche e verificare l’azione di molecole potenzialmente terapeutiche. Nel laboratorio di Finazzi, lo zebraish è stato usato anche per studiare un altro gene causati di una forma di NBIA nota con l’acronimo CoPAN. In questo caso, il gene mutato è il COASY che codifica per un enzima che serve per la produzione di coenzima A. Nella CoPAN si verifica aumento cerebrale di ferro come nella Pkan. Lo studio di Finazzi su Zebrafish ha preso in esame il ruolo dei geni Pank2 e Coasy durante lo sviluppo embrionale del cervello rilevando importanti anomalie dello sviluppo causate da deficit di coenzima A. Le anomalie indotte sembrano poter essere contrastate aggiungendo pantetina o coenzima A nell’acquario dei pesci-modello.
- Pantazine – Le pantazine sono una classe di molecole recentemente identificata dalla dr. Suzanne Jackwski del St. Jude Children’s Research Hospital negli USA, che potrebbero avere un’efficacia terapeutica per la cura della Pkan. La scoperta arriva in seguito a uno studio mirante a identificare sostanze in grado di potenziare l’azione degli altri geni Pank. Nell’uomo infatti esistono 3 geni Pank (1, 2 e 3) e l’obiettivo di queste possibili terapie è potenziare l’attività del gene Pank 3 in modo da compensare il difetto di Pank2. Le pantazine agirebbero proprio in questo modo. È stato dimostrato che nel topo, queste molecole sono in grado di raggiungere il cervello e di aumentare i livelli di Coenzima A in maniera dose-dipendente. Un’azione, questa, che può essere addirittura incrementata con la co-somministrazione di pantotenato. Tra tutte le pantazine testate finora, quella che presenta la migliore permeabilità della barriera ematoencefalica è indicata con la sigla PZ-2891. Attualmente gli esperimenti sono in corso e i ricercatori si augurano di arrivare in tempi brevi allo studio nell’uomo.
Neurodegenerazione legata a PLA2G6
La PLAN comprende un gruppo eterogeneo di malattie legate a mutazioni di PLA2G6 tra cui la distrofia neuroassonale infantile o INAD. I bambini affetti vanno incontro a difficoltà progressive sia motorie che cognitive che riducono l’aspettativa di vita.
La sessione sulla PLAN è stata aperta dalla dr.ssa Manju Kurian, University College London nel Regno Unito, che ha illustrato lo stato di avanzamento del suo progetto di terapia genica per il gene PLA2G6. Lo studio è stato effettuato sul modello di topo che ricapitola molte caratteristiche della malattia umana ed è considerato un modello ideale per queste ricerche. Per prima cosa è stato disegnato e prodotto un vettore virale contenente il gene sano che è stato iniettato nel topo sia direttamente nel cervello sia per via intravenosa. In questo modo si è visto che la procedura ha un effetto benefico nell’animale prevenendo la degenerazione tipica della malattia. I dati finora accumulati sono però ancora limitati per poter pensare ad uno studio clinico sull’uomo, per il quale si dovranno attendere ancora diversi anni.
Il dr. Paul Kotzbauer dell’Università di Washington in Missouri ha presentato un progetto per la PLAN che mira a ricostituire la funzione enzimatica compromessa dalla mutazione del gene. PLA2G6 codifica per un enzima che serve per la produzione di acidi grassi. Attualmente, il gruppo sta ricercando molecole che aiutino l’enzima a funzionare o che suppliscano al suo malfunzionamento intervenendo nelle stesse vie metaboliche.
In generale, è emerso che prima di poter arrivare a sperimentazioni cliniche sulla PLAN saranno necessari dai 5 ai 10 anni di ulteriori e intense ricerche. Inoltre, la comunità PLAN non è pronta per studi clinici: non esistono, infatti, studi attendibili di storia naturale della malattia e misure di outcome. Per questa ragione, presso il centro della dr. Hayflick si sta lavorando per mettere a punto un modello di progressione della malattia e indicatori di risultati terapeutici. Per esempio, sono stati sviluppati alcuni set di misure cliniche della malattia e misure riportate dai pazienti che potranno servire per catturare dati e informazioni in diverse aree della malattia stessa e in relazione ai suoi stadi di avanzamento. A tal fine, è stato creato un sistema di raccolta dati che permetterà anche di definire la storia naturale e i sotto-gruppi specifici della malattia.
Neurodegenerazione legata a WDR45
La neurodegenerazione associata alla proteina Beta-propeller – gene WDR45, nota anche come BPAN, è una forma di NBIA caratterizzata da ritardo dello sviluppo ed epilessia nell’infanzia e problemi del movimento nell’età adulta come distonia e parkinsonismi.
Durante la conferenza, la dr.ssa Penny Hogarth, che lavora con Susan Hayflick presso l’Oregon Health & Science University, ha descritto nel dettaglio gli aspetti clinici di questa malattia evidenziando una forte variabilità fenotipica tra i pazienti che possono presentare manifestazioni cliniche anche molte diverse tra loro. Presso il centro è stato recentemente creato un registro BPAN che contiene i dati di numerosi pazienti e grazie al quale è in corso uno studio approfondito di storia naturale della malattia.
Il dr. Apostolos Papandreou, University College London Regno Unito, ha illustrato i suoi studi sul meccanismo della malattia. Presso il suo laboratorio sono stati realizzati modelli cellulari iPS a partire da fibroblasti di pazienti con BPAN. Grazie a questi modelli è stato capito che il gene WRD45 interviene nei processi di autofagia che sono processi di degradazione e eliminazione di componenti della cellula non più funzionali o inutili; questi processi sono necessari per garantire la sopravvivenza cellulare. Mutazioni di WDR45 alterano questi fenomeni portando a neurodegenerazione e accumulo di ferro.
Neurodenegerazioni da accumolo di ferro
Durante il convegno, è stato affrontato in generale il problema delle neurodegenerazioni da accumulo di ferro puntando su due temi principali:
- Il parallelismo tra queste patologie e l’invecchiamento legato alla malattia di Alzheimer o alla malattia di Parkinson;
- Il registro internazionale dei pazienti realizzato durante il progetto europeo Tircon.
Il primo tema è stato presentato da Randy Woltjer dell’Orgeon Health & Science University, che ha illustrato come l’indagine neuropatologica abbia evidenziato numerose similitudini tra le anomalie del cervello con NBIA e quelle che si rilevano nell’Alzheimer e nel Parkinson. Questi riscontri creano opportunità per attirare nuovi scienziati verso lo studio delle NBIA e fondi maggiori.
Per quanto riguarda il registro internazionale delle NBIA, Thomas Klopstock dell’Università di Monaco in Germania, ha illustrato l’evoluzione nel tempo e lo stato attuale con 326 pazienti inseriti e ha sottolineato l’importanza del coinvolgimento dell’Alleanza delle associazioni dei pazienti che ha permesso il mantenimento del registro dopo la fine dei fondi europei.